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I turisti stranieri in Afghanistan cercano l'intrigo e il senso del pericolo

Turismo, gli affari sui vacanzieri in zone di guerra
Iraq, Siria e Afghanistan. Per sciare o prendere il sole col pericolo Isis accanto. Sfidando i veti dei governi. Così cresce la moda dei viaggi ad alto rischio.
di Barbara Ciolli http://www.lettera43.it/stili-vita/turismo-gli-affari-sui-vacanzieri-in-zone-di-guerra_43675256582.htm#.V8Wms2N1414.gmail

In questa calda estate 2016 un convoglio di turisti è stato attaccato in una delle zone più pericolose dell'Afghanistan, e non è la prima volta.
A bordo di due minibus, i giramondo (tre statunitensi, sei inglesi, due scozzesi e un tedesco) avevano visitato le famose statue di Buddha abbattute dai talebani e la regione incantata - ma insidiosa - dei laghi blu zaffiro di Band e Amir, il primo Parco nazionale dell'Afghanistan.
Per dirigersi poi verso Herat, dove le basi italiane vengono attaccate dall'insurgence.
VIAGGI ORGANIZZATI. Non erano spie, né attivisti o operatori umanitari, semplicemente visitatori arditi che avevano pagato una delle agenzie «all'avanguardia nel turismo d'avventura», come per esempio si descrive il tour operator inglese Hinterland travel, indicato da Kabul come il traghettatore degli stranieri feriti nell'imboscata.
Effettivamente, per il 26 luglio, la piccola agenzia dello Yorkshire del veterano di viaggi in Medio Oriente, Geoff Hann, aveva in programma un tour di 21 giorni tra le montagne dei talebani e dei signori della guerra.
IN IRAQ, CON L'ISIS? Non l'unico in questione e neanche l'ultimo: a ottobre 2016 è in agenda un altro giro dell'Afghanistan, «sulla rotta del ritiro britannico da Kabul del 1842» e, fino al 2017, la compagnia propone svariati viaggi in Iraq, da Baghdad fino a Basora, attraverso le province di Babilonia, Kerbala, Najaf.
Lungo il Tigri e l'Eufrate, dove sono in corso raid aerei e controffensive di terra contro l'Isis.
La guida inglese Hann è un nome grosso del settore.
Il National geographic lo cita in un blog d'avventura come il primo ad aver riportato turisti in Iraq dalla caduta di Saddam Hussein e il Guardian riferiva dei suoi tour già prima dell'incidente.
Dagli Anni 70 l'avventuriero organizza spedizioni da Londra a Kathmandu, in Nepal, in India e in Pakistan, «ma in Kashmir» specifica nelle interviste, fino all'Iraq e all'Afghanistan in fiamme, dove, afferma, la gente va con lui «per non andarci da sola».
Barba canuta e appeal da professore in pensione, Hann racconta che chi parte per queste zone lo fa consapevolmente: «La vita è un rischio calcolato e alla fine della giornata c'è chi rischia più di altri».
MEGLIO IN GRUPPO. Andare in Afghanistan da soli sarebbe ancora più pericoloso.
In Iraq difficilmente si concedono visti a viaggiatori individuali, e così decine di esploratori l'anno partono con Hinterland travel alla volta della culla della civiltà degradata a terra di violenza e di morte.
A giudicare dalle date dei tour, gli iscritti non mancano.
Il veterano della zona si dice l'unico a «muoversi con comitive in Iraq e in Afghanistan» e comunque a «stare a sentire sempre i media non si andrebbe da nessuna parte, lì ci può capitare qualcosa come da qualsiasi altra parte», sostiene.
RECIDIVI DEL RISCHIO. La Farnesina e tutte le altre cancellerie diplomatiche - ufficialmente governi afghano e iracheno inclusi - sconsigliano da anni tassativamente viaggi, anche di lavoro, in questi e altri Paesi ad altissimo rischio.
Ma, come è accaduto anche per gli italiani uccisi e rapiti in Libia, le unità di crisi sanno altrettanto bene che, per le più disparate ragioni, esistono ed esisteranno sempre civili che attraversano queste frontiere.
C'è chi lavora per aziende in subappalto o come freelance, intascando super bonus per le trasferte a rischio di morte.
Chi entra sotto copertura come turista o per conto di qualche organizzazione governativa o non governativa.
Chi fa davvero il turista, ma per occupazione è abituato ad andare in zone pericolose. E chi ha coraggio (e soldi) da vendere per una scarica d'adrenalina, visitando siti archeologici e paesaggi off limits per il resto del mondo.
Negli anni, Hann ha accompagnato giornalisti, attivisti, operatori e anche turisti di guerra, e che sia in giro in luoghi sensibili è un segreto di Pulcinella: nell'ultimo incidente in Afghanistan il gruppo era scortato da militari locali e la guida ha raccontato di essere protetto da guardie mandate dal governo anche in Iraq.
TREKKING IN TAGIKISTAN. Checché ne dica, Hann non è il solo a muoversi con turisti in queste regioni del Medio Oriente.
Un'altra agenzia inglese di viaggi «nelle zone più interessanti e inaccessibili», la Untamed borders, propone pacchetti dai 2 mila euro in su per trekking con «guide intrepide» in Tagikistan (la regione definita meno rischiosa da Kabul) e in altre regioni dalle «geografie estreme» dell'Afghanistan.
Gran tour in Cecenia e nel Daghestan russo del Caucaso, teatro di attentati e periodiche crisi. 'Vacanze' di mare sulle spiagge somale di Mogadiscio, lambite dai pirati che sequestrano turisti stranieri anche in Kenya.
SETTIMANA BIANCA IN KURDISTAN. Per gennaio 2017 è in programma una settimana bianca nel Kurdistan iracheno: sci in spalla, per 2.200 euro si atterra a Erbil, poi su verso le montagne. Il mese dopo si parte per scalare le vette innevate dell'Afghanistan, un must ormai da sette stagioni.
La Untamed borders ha anche organizzato la prima maratona afghana, un altro appuntamento fisso, e per questa e altre iniziative è stata recensita dalla Cnn, dal Guardian, dal National geographic e diverse altre testate internazionali.
Foto ricordo orgogliosi nei luoghi delle battaglie e degli attentati o con i militari e gli addetti di sicurezza: i più temerari si fanno riprendere anche mitra in spalla davanti ai pick up delle milizie.
È l'attrazione della vacanza col morto, la fascinazione macabra, da che mondo è mondo, per i disastri e le sventure.
Agenzie come Hinterland travel e Untamed borders hanno iniziato ad accompagnare giornalisti e addetti ai lavori.
Altre si sono buttate subito, per fiuto, nel giro dei turisti: Chernobyl, Auschwitz e altri luoghi della morte sono tra i più visitati e fotografati, come dimostrano anche in Italia le code al Giglio per immortalarsi vicino al relitto della Costa Concordia.
MERCATO DA 200 MILIARDI. Negli Usa i pellegrinaggi nei siti delle grandi calamità naturali e delle catastrofi aeree sono da tempo monetizzati, e con l'aumento delle aree di conflitti la Adventure travel trade association ha registrato un esplosione del settore: un mercato, indicativamente, di oltre 200 miliardi di euro.
VOGLIA DI PERICOLO. Nell'80% dei casi, viaggi con annessi sport avventurosi e safari in zone esotiche, ma ancora turistiche.
Una fetta di questi turisti estremi, precisano all'associazione, «si muove invece per scelta in ambienti ostili. Cercano l'intrigo e il senso del pericolo, vogliono gli ostacoli».
La tedesca Frankfurter allgemeine zeitung ha intervistato un austriaco in giro da una vita con tutte le comoagnie sopra citate: tre volte in Iraq, altre in Afghanistan, Somalia, in Iran e Libano negli anni peggiori. Quasi una droga.
Turisti e avventurieri di ogni nazionalità non mancano neanche nell'Africa centrale dilaniata dalle guerre tribali: Burundi, Mali, Uganda, Ciad... Ogni safari è buono per catapultarsi in ferie estreme.
TURISTI IN SIRIA. Aperta nel 2007, Lupine travel è un'altra agenzia inglese con «destinazioni uniche a budget contenuti» e tra le sue mete ci sono Liberia, Sierra Leone, il Corno d'Africa oltre al Kosovo presidiato dalla Nato e Chernobyl.
Molti pacchetti ad alto rischio non includono, guarda un po' il caso, le coperture assicurative.
Poco male: la compagnia canadese Ingle international stipula contratti anche per viaggiatori ad alto rischio. Disposti a tutto, confermano gli assicuratori: le richieste sono in aumento anche per l'Iraq e per la Siria.
Non mancheranno, presto, per lo Yemen, la Libia e la Turchia svuotata dal turismo di massa.

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